
Postille a Derrida
Rosenberg & Sellier
1990
I8870113957
Fare storia del presente, o al più di un passato prossimo, soggiace per forza di cose all’obiezione secondo cui qui ci si affida a una religione della cultura, che canonizza la vita e la trasferisce su due piedi nel monumento. A questa obiezione non possono, evidentemente, sottrarsi le presenti Postille, che ricostruiscono il periplo teorico di Jacques Derrida e del dibattito che, da un trentennio circa, ha luogo intorno all’idea di decostruzione, discutendone gli aspetti teoricamente salienti ma anche documentandoli attraverso le indispensabili pezze d’appoggio bio-bibliografiche. Ma si tratta davvero di storia e di canonizzazione? oppure, proprio attraverso il confronto con un pensiero ancora aperto, non finisce per attenuarsi la grave scissione fra storia e teoria, tra filologia e critica, che è uno dei portati più onerosi del positivismo di altri tempi? Che ogni storia sia storia contemporanea non costituisce forse un invito, come suggerisce Croce, a pensare il passato come attualità e insieme (secondo l’indicazione di Derrida) a riconoscere nel presente qualcosa che già dilegua, e che perciò sollecita alla interpretazione e al commento?
Scheda di G.D. Lippolis, L’Indice, n. 1, 1991
Questo volume – che raccoglie, oltre ai testi di Ferraris, anche una conversazione con Jacques Derrida, un suo breve scritto sulla poesia e un’utile biobibliografia del filosofo francese – rappresenta da un lato un efficace tentativo di esporre i temi fondamentali del pensiero di Derrida, rintracciandone i rapporti con alcuni interlocutori filosofici privilegiati (Husserl, Heidegger, Gadamer, Foucault, Rorty ecc.), dall’altro uno sforzo di “moltiplicare le vie del dialogo” con il decostruzionismo stesso. Il compito che Ferraris si propone è infatti quello di mediare fra il pensiero di Derrida e gli ultimi esiti dell’ermeneutica – in particolare il “pensiero debole” di Gianni Vattimo. Un orizzonte comune, in questo caso, sarebbe costituito dal problema nodale del rapporto con la tradizione metafisica, non più pensato nella forma “ingenua” di un oltrepassamento inteso come “positiva affermazione (fondazionalistica) di un ordine nuovo”. Ciò comporta una visione del nostro dialogo con il passato che pone l’accento sulla caducità dell’interpretazione, sulla radicale finitezza della nostra coscienza storica. A queste esigenze dell’ermeneutica viene incontro la teoria dell’écriture di Derrida che, decostruendo le pretese del discorso metafisico di giungere a una vera essenza delle cose, sgretola la convinzione di poter accedere a una verità presente e a una coscienza autotrasparente, consegnando l’interpretazione al dialogo intertestuale infinito, nel quale si è perduta l’enfasi della ricerca di un senso proprio e di un fondamento ultimo.
Indice
Premessa, p. 7
Fonti, p. 11
I. LA VOCE E IL FENOMENO.
II. IL DIBATTITO SULLA DECOSTRUZIONE. 1. 1927-1967, p. 53 – 2. 1967-1980, p. 69 – 3. 1980- 1990, p. 89
III. ETICA, ESTETICA, ERMENEUTICA. 1. Note su decostruzione e metodo (1984), p. 107 – 2. La realtà del testo (1985), p. 115 – 3. L’esclusione della filosofia. A proposito di ebraismo e pragmatismo (1986), p. 129 – 4. Scrittura e secolarizzazione (1987), p. 157 – 5. Metafora, metafisica, mito ecc. (1987), p. 173 – 6. Dallo spirito al fuoco (1988), p. 191 – 7. Etica e ermeneutica (1988), p. 203 – 8. Il dileguarsi della voce (1989), p. 213 – 9. Il filosofi desidera morire? (1989), p. 223
IV. ISTRICE. 1. Che cos’è la poesia? Jacques Derrida, p. 238 – 2. Ick bünn all hier, p. 249
V. BIOBIBLIOGRAFIA. 1. Cronologia della vita e delle opere, p. 275 – 2. Bibliografia delle opere di Jacques Derrida, p. 287
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Recensioni
G. Chiurazzi, Rivista di estetica
E. Severino, Il Corriere della Sera, 4 novembre 1990
G. D. Lippolis, L’Indice, n. 1, gennaio 1991